COSTRUIRE L’EUROPA:
ALLARGAMENTO E RAFFORZAMENTO
DELL’UNIONE EUROPEA
Nota di sintesi di Gabriele Pennacchia sul 617° seminario
del Centre International de Formation Européenne,
Berlino, 7-12 aprile 1997.
Il 617° seminario del CIFE sul tema "Costruire l’Europa: allargamento e rafforzamento dell’Unione Europea", che si è svolto a Berlino dal 7 al 12 Aprile 1997, si è articolato in varie conferenze e si è concluso con i lavori presentati dai diversi partecipanti, riuniti in gruppi.
Il primo giorno il Dr. Ulrich W. Hoffmann ha introdotto il tema "Berlino e l’unificazione tedesca".
Il relatore, che esercita la professione di avvocato a Berlino ed è nato nella ex DDR, ha iniziato il suo intervento inquadrando la situazione politica della Germania immediatamente dopo la fine della II guerra mondiale. In particolare, ha sottolineato il fatto che gli americani hanno lasciato le zone industrializzate dell’est per Berlino (come è noto gli alleati avevano occupato il territorio ad ovest dell’Elba), in quanto la presenza nella capitale era ritenuta psicologicamente molto importante. Lo stesso discorso si può fare per i comunisti, per i quali Berlino rappresentava, in qualche modo, la possibilità di far sentire la propria presenza al centro dell’Europa; Stalin era infatti convinto che gli alleati non sarebbero rimasti a lungo nella capitale.
Hoffmann ha citato, a questo punto, tre date fondamentali: il 1948, anno nel quale viene posto il blocco di Berlino; il 1958, nel quale inizia la politica dura di Kruscev, che però non ha successo e porta il governo comunista a decidere la rottura definitiva con l’occidente; il 13/8/1961, quando viene eretto in una notte il muro di Berlino.
Il governo della DDR ritenne quest’ultimo un passo necessario in quanto, a causa della situazione anomala rappresentata dalla città di Berlino, si verificava un continuo flusso di persone verso l’ovest (si calcola che 12 milioni di abitanti siano andati via dall’est fino alla costruzione del muro), spinte anche dal fatto che la DDR era uno stato provvisorio. Si verificò, allora, un cambiamento repentino, sia di carattere economico (nel ’61 all’est si guadagnava il 60% di più rispetto all’ovest mentre in seguito la situazione si capovolse) che psicologico, in quanto la sensazione era quella di poter vivere senza problemi contingenti, ma anche senza molte speranze.
Secondo Hoffmann, a questo punto, si è verificata, all’est, un’implosione; il sistema è arrivato al suo fallimento. I tedeschi dell’est non sono stati guidati da un’idea rivoluzionaria, ma si sono resi conto che lo Stato si stava sfasciando. Ovviamente ci sono state anche manifestazioni, così all’ovest come all’est, a partire dall’estate ’89 ed il regime non ha potuto più fronteggiare le situazione.
Un primo fatto importante verso il crollo del muro è stata l’esortazione indirizzata a Mosca da parte di Ronald Reagan, alla fine del suo mandato, ad aprire la porta di Brandeburgo, come prova del rispetto dei diritti politici. Questo discorso ha suscitato molto interesse, e in Russia hanno capito che era giunto il momento di risolvere la questione tedesca. Il secondo fatto importante è stato il viaggio di George Bush, nel febbraio ’89, in Polonia e Ungheria, Paesi di scarsa importanza per gli americani. I risultati di questo viaggio non si sono fatti attendere: a maggio sono state aperte le frontiere in Ungheria. Nell’estate ’89 inizia la fuga dalla DDR verso Praga, Varsavia e l’Ungheria (circa due milioni di persone).
Iniziano anche le prime manifestazioni e le pressioni della stampa sui dirigenti della DDR. Essi hanno sempre saputo che questa Repubblica, in realtà, non era uno Stato Sovrano ma una regione di occupazione russa. Comincia, quindi, la presa di coscienza della situazione di frattura tra le due Germanie, intesa però come coscienza della presenza di un muro interno allo Stato, più che coscienza dello Stato in sé. Prova di ciò è data dal fatto che i tedeschi dell’ovest si sono sorpresi di ciò che succedeva all’est nell’estate ’89.
Si arriva così al 1/7/’90, quando viene introdotto il marco anche all’est, con la definitiva scomparsa della DDR; la nuova moneta può essere considerata quasi come un regalo che l’ovest ha fatto all’est. Successivamente, in conseguenza del cambiamento, si è presentato il problema di adeguare il sistema dell’est in settori critici come sanità, trasporti, strade. Solo nel sistema ferroviario si calcola che siano stati spesi 400 miliardi di marchi.
Sempre dal punto di vista economico, si presentava il grande problema della proprietà. Il 7/10/’49 nasceva la DDR, ma già dal ’45 cominciava la messa in atto dell’ideologia marxista (riforma del suolo, ecc.), con la creazione delle cooperative: per entrare in possesso della proprietà, i cittadini dovevano pagarne i debiti accumulatisi negli anni. Per questo motivo, a Berlino si è verificata, negli anni, una fuga in massa di imprese e capitali, che sono andati ad arricchire altre regioni (esemplare è il caso della Siemens).
A questo punto si può parlare di un complesso di inferiorità sorto negli animi della gente dell’est. Alla caduta del muro, infatti, i tedeschi orientali si resero subito conto di quale era la realtà dell’ovest: la formazione, l’istruzione e la sanità, ad esempio, erano molto più progrediti. Per questo motivo in molti casi i cittadini dell’est dovettero riprendere gli studi, per poter essere alla pari con quelli occidentali.
Nella successiva conferenza, il Dr. Harmut Marhold, Segretario Generale del Movimento Europeo di Bonn, ha trattato il tema: "Quale Europa, quale società ?".
La relazione di Marhold è iniziata con la presentazione del Movimento Europeo in Germania, dove tutte le forze sociali (sindacati, industriali, ecc.) sono interessate al dibattito sull’Unione Europea, e dove viene seguito un metodo di confronto permanente tra forze sociali e Governo.
Il relatore ha presentato le caratteristiche del movimento iniziando dall’idea generale a questo sottesa, cioè la volontà di partire dalla politica per arrivare alle strutture sociali.
Nell’enunciare gli orientamenti del Movimento, sono stati illustrati i principi, le linee guida, le strutture dell’Europa futura ed i metodi per svilupparne gli aspetti politici e sociali.
Secondo Marhold, una visione d’insieme dell’Europa rende evidente quale sia la differenza sostanziale tra blocco orientale ed occidentale. Il primo si è sempre basato su un modello centralizzato, che si potrebbe definire di "centralismo democratico". Successivamente, il processo di riforme di Gorbaciov ,che ha cercato di abbattere l’immobilismo e di liberare le forze innovatrici presenti all’est, ha portato alla disgregazione e al decentramento.
Per il secondo blocco, invece, il cammino è stato opposto: prima del Mercato Unico c’erano entità economiche singole e si poteva, dunque, parlare di "particolarismo". Poi, la creazione della CEE, necessaria per fronteggiare le due potenze economiche (USA e Giappone) è stata, in qualche modo, un grande passo verso la centralizzazione.
Queste due tendenze est=decentralizzazione e ovest=centralizzazione possono incontrarsi in una zona comune, cui si dà il nome di Federalismo.
Marhold è passato, poi, ad illustrare il principio di sussidiarietà, che serve per determinare, nell’ambito politico, le priorità a livello decisionale. Esso rappresenta, infatti, la relazione tra due livelli decisionali e presuppone l’esistenza di un livello inferiore e di uno superiore che viene in aiuto del primo. Questo metodo per regolare i problemi è chiamato autonomia ed è estremamente necessario, soprattutto a livello regionale e locale. Esiste però un passo intermedio rispetto all’autonomia: il principio di cooperazione. Esso è stato citato nel caso del lago di Costanza: qualora ci fosse il bisogno di intervenire sul territorio del lago, infatti, sarebbero interessate più nazioni. Inoltre, esiste anche il principio di partecipazione, presente in tutti i sistemi federali, attraverso il quale funziona, ad esempio, il Consiglio dei Ministri.
Il principio di sussidiarietà è nato dalla riflessione sulle strutture sociali. Si è sentita l’esigenza, infatti, di regolare le masse che erano senza una guida, per le quali non si poteva neanche parlare di società, ma di un insieme di individui. Da qui, si pose subito il problema della struttura della comunità a livello regionale, nazionale e continentale. Infine, dalla contrapposizione individualismo - collettivismo (di cui il comunismo è una derivazione), si è giunti a teorizzare un altro modello: il personalismo. Da questo deriva il rispetto della dignità dell’uomo, che rappresenta la legittimazione della costruzione europea.
Il dr. Rainer Giesel, il giorno 10, ha trattato il tema "L’Unione europea e le sue istituzioni: allargamento e approfondimento dell’Unione Europea".
Nella prima parte del suo discorso Giesel ha sottolineato come il federalismo, che realizza l’unità nella diversità, sia l’unica alternativa valida, se si vuole evitare il rischio di guerre e tensioni, provocate dalla divisione. Il sistema federalista va visto come garanzia per il rispetto delle libertà dell’individuo e dei valori democratici.
Inoltre, se si ragiona in termini di valori fondamentali, si deve ammettere che i confini dell’Europa vanno al di là dell’Elba e dell’Oder: l’Europa potrebbe allargarsi, infatti, a venti o venticinque Paesi, ma ciò deve comportare una radicale trasformazione delle istituzioni. In Gran Bretagna, ad esempio, gran parte della popolazione non si sente, oggi come un tempo, parte del processo di integrazione e unione dei popoli europei. E’ quindi importante trovare una via giudiziaria per fare in modo di non dover dipendere troppo dalle decisioni di questo Paese, che provoca il rallentamento del processo di integrazione.
Nella seconda parte del suo intervento Giesel ha illustrato le linee guida della Conferenza Intergovernativa (CIG), iniziata a Torino nel marzo ’96, per la revisione del Trattato di Maastricht. Per quel che riguarda il consolidamento dell’Unione nella direzione di un miglioramento delle prestazioni e del sistema decisionale, si è molto lavorato su tre punti: eliminazione della regola dell’unanimità nelle risoluzioni da votare; potenziamento del Parlamento; diminuzione del numero dei membri della Commissione, nonché modifica della norma relativa alla scelta del suo Presidente da parte del Parlamento.
In chiusura, Giesel si è soffermato più a lungo sul tema dell’allargamento e ha visualizzato, raggruppandoli in blocchi, i Paesi che dovrebbero entrare a far parte dell’Unione in un futuro non troppo lontano (almeno per alcuni di essi).
CH
PL
BG
LT
Turchia
Malta
FL
CZ
RO
LV
Cipro
N
SK
EST
H
SLN
Per il primo gruppo di Paesi non c’è stato bisogno di nessun commento, in quanto tutti conoscono le vicende di Svizzera, Liechtenstein e Norvegia.
Per quanto riguarda il secondo blocco, bisogna rimarcare che la Slovenia è il Paese con i migliori risultati in termini di crescita economica.
La Bulgaria e la Romania (3° gruppo), con le quali sono stati stipulati dei trattati di associazione, mostrano, invece, problemi di stabilità economica e di realizzazione del processo di democratizzazione.
I Paesi del 4° gruppo (repubbliche baltiche) presentano ancora grandi difficoltà economiche.
Per quel che riguarda gli ultimi tre Paesi, la situazione è particolare. Mentre per Malta, infatti, l’entrata nell’Unione è ormai solo una questione di tempo, per Cipro e Turchia la situazione è più delicata. Il Governo di Ankara, oltre alla sua politica ambigua, tra collaborazioni con i Governi di Paesi integralisti islamici (Iran) e l’influenza da parte degli Stati Uniti nell’ambito della NATO, non da’ le dovute garanzie in materia di diritti civili. Strettamente connessa è la situazione di Cipro; la risoluzione del problema della divisione dell’isola, infatti, potrebbe accelerare l’avvicinamento di quest’ultima all’Unione Europea.
Il giorno 11 il Dr. Jean-Jacques Nuss ha trattato il tema: "Bilancio della CIG e della revisione del Trattato di Maastricht".
In apertura Nuss ha presentato la Commissione, le sue funzioni e le sue strutture. Attualmente, ha riferito, esistono circa 70 uffici, nei Paesi in via di sviluppo, che gestiscono la distribuzione dei fondi che arrivano da Bruxelles. Nel 1968, a Berlino, esisteva un solo ufficio, nella parte ovest della città, dove inizialmente lavoravano solo tre persone.
Dopo questa introduzione Nuss ha illustrato come la CIG rappresenti una negoziazione tra gli Stati membri; il trattato che ne scaturirà, previsto per metà luglio, cioè circa un mese dopo l’incontro del 16-17 giugno a L’Aja, dovrà essere ratificato dal Parlamento Europeo e nei singoli Stati membri. Gli obiettivi prefissati sono essenzialmente tre: approfondire la politica estera; rivedere la ripartizione dei tre pilastri; ingrandimento (allargamento) dell’Unione.
Il relatore ha sottolineato, inoltre, che non è stata discussa la questione dell’Unione Monetaria ed Economica.
I contenuti più importanti della CIG si possono, quindi, riassumere nella volontà di una maggiore semplificazione della giurisdizione e delle procedure, nel senso di orientarsi maggiormente verso il "consumatore" e limitare l’intervento degli Stati membri che, allo stato attuale delle cose, sono molto, anzi troppo, vicini alle decisioni che si prendono a Bruxelles. Per ciò che riguarda le istituzioni, è stato molto contestato il diritto di iniziativa della Commissione, che ha il potere di trasferire e, in un certo senso, filtrare, le proposte che giungono dai vari Parlamenti nazionali. E’ stato citato al riguardo l’esempio della Danimarca, che ha istituito una commissione, preposta appunto a seguire da vicino gli affari europei, che riceve dal proprio Parlamento le direttive per la negoziazione.
Nuss ha quindi concluso dicendo che le modifiche che la CIG presenterà, in quest’ambito, andranno nella direzione di una diversa ponderazione dei voti (all’interno della Commissione) e di un rafforzamento della posizione del Presidente, che per il momento non ha il potere di scegliere i commissari.
L’ultima conferenza è stata tenuta dalla Dr.ssa Beate Milbrandt sul tema: "L’Euro fattore dell’unificazione economica dell’Europa".
Il Trattato di Maastricht rende irreversibile la marcia verso una moneta unica, che dovrà sostituirsi alle diverse monete nazionali, aiutando così il cittadino a rafforzare il suo sentimento di appartenenza ad una nuova entità. Questa marcia è iniziata quasi trent’anni fa; di seguito illustreremo le sue tappe fondamentali.
1969: Congresso dell’Aja, terminato con la decisione di elaborare un piano per la realizzazione in diverse tappe di una Unione Economica e Monetaria della Comunità.
1970: Piano Werner, secondo il quale l’UEM si realizzerà in tre tappe, per la durata di dieci anni complessivi.
1972: nasce il Sistema Comunitario di Cambio, conosciuto come il "serpente monetario", ma le crisi petrolifere minano la stabilità dell’economia europea. Per questo motivo la lira italiana, la sterlina inglese e il franco francese escono dal serpente.
1978: creazione del sistema Monetario Europeo (SME) che entra in vigore il 13 marzo 1979. Fino all’agosto del 1993 i margini di fluttuazione delle monete saranno del +/- 2,25 % (per le monete in difficoltà, come la lira italiana, eccezionalmente del +/- 6% ), ma dopo l’agosto del ’93 questo margine sarà portato a +/-15%.
1988: il Consiglio Europeo ad Hannover decide che bisogna stabilire delle tappe concrete che portino all’UEM.
1989: il Consiglio Europeo a Madrid stabilisce gli obiettivi della moneta unica. Il processo di realizzazione di tale moneta avverrà in più tappe e la prima inizierà il 1° luglio 1990.
1992: viene firmato il Trattato di Maastricht, che indica le tappe dell’UEM e fissa i criteri per farne parte.
I Tappa: 1/7/90 - 31/12/93.
II Tappa: 1/1/94 - 31/12/98; fondazione dell’Istituto Monetario Europeo (IME), fondamentale per indicare le regole della politica monetaria europea.
III Tappa: 1/1/99; l’IME si trasformerà in SEBC (sistema europeo di banche centrali) e nascerà la Moneta Unica Europea (ECU). Inoltre, si fisseranno irrevocabilmente i tassi di cambio e scompariranno le monete nazionali.
Le condizioni d’accesso nell’UEM, indicate dal Trattato, sono:
- Inflazione
. I Paesi non dovranno avere un’inflazione superiore all’1,5% rispetto alla media dei Paesi membri con inflazione più bassa.- Tassi d’interesse
. I Paesi non dovranno avere interessi di lungo periodo superiori al 2% rispetto ai tassi dei tre Paesi membri che hanno la più bassa inflazione.- Finanza pubblica
. A) Il rapporto deficit/PIL non deve superare il 3%.B) Il rapporto debito/PIL non deve essere superiore al 70%.
- Tasso di cambio
. La moneta dei Paesi membri dovrà essere rimasta nell’ambito dello SME durante i due anni antecedenti l’ingresso nell’UEM e non ci dovranno essere state svalutazioni o rivalutazioni.Nei protocolli annessi al Trattato, il Regno Unito e la Danimarca si riservano il diritto di non partecipare alla III fase dell’UEM, pur adempiendo ai criteri fissati (clausola dell’opting out).
Riepilogando, i vari stadi di integrazione che la Comunità Europea ha attraversato, o deve ancora attraversare, sono quattro:
1° area di libero scambio;
2° unione doganale;
3° mercato comune;
4° unione economica e monetaria.
Attualmente ci troviamo a metà del 4° stadio.
Secondo il Trattato, i Paesi che rispettano i 5 parametri (anche detti "ins" o"virtuosi" ) possono far parte dell’UEM dal 1° gennaio 1999; i Paesi che, invece, non rispettano i 5 parametri non entreranno da subito nell’UEM (perciò sono detti "outs" o "con deroga" ), ma potranno fare domanda per entrarvi entro due anni.
L’anno di verifica dell’adeguatezza dei Paesi sarà il 1998, in base ai dati del 1997. Ma il Trattato non parla dei rapporti che intercorreranno tra ins e outs; spetta alla CIG apertasi a Torino nel marzo del ’96 definire le regole di comportamento tra chi è dentro e chi è fuori.
CONCLUSIONI
Penso che si possa affermare che il seminario abbia avuto un bilancio positivo. Ciò alla luce del fatto che i partecipanti hanno mostrato un notevole interesse durante i tradizionali lavori di gruppo di fine seminario; lo stesso interesse ha suscitato la visita agli ex-uffici della Stasi.
Il punto debole di questo seminario, a mio avviso, è stata la scelta dei temi da trattare e l’ordine con cui si sono succedute le conferenze (anche se il programma, come ha spiegato il responsabile, è stato riveduto a causa di imprevisti e indisponibilità). La scarsa efficacia dei relatori, invece, sembrava essere l’opinione comune tra i partecipanti al seminario.
Credo che sarebbe stato più opportuno introdurre la serie di conferenze con una breve ma chiarificatrice lezione sulle istituzioni europee, il loro funzionamento e i loro punti deboli o da modificare. In questo modo, non ci sarebbe stato più bisogno di ritornare sull’argomento nel corso delle varie conferenze, cosa che ha comportato una notevole perdita di tempo ed anche il fatto che più relatori si sono dilungati sugli stessi argomenti.
Inoltre, per ciò che riguarda le tematiche, non si è affatto messo l’accento sulle relazioni tra l’Europa e il resto del mondo. Non è stato affrontato il tema della politica di difesa comune e ciò risulta molto strano, in quanto proprio in questi ultimi mesi è in atto un grande dibattito intorno al significato che devono assumere le missioni internazionali delle forze comuni dei vari Stati europei. Sarebbe stato interessante affrontare queste tematiche, soprattutto mettendole in relazione all’altro argomento di grande attualità in questi giorni: la revisione della NATO.
Questa omissione può essere considerata inopportuna, anche in considerazione del fatto che la recente crisi in Albania ha riportato alla luce le gravi carenze dell’Unione in materia di cooperazione comune per fronteggiare situazioni di conflitto al di fuori dei confini comunitari.