Un servizio civile per l'europa
Dibattito Europeo
Roma, 26-28 giugno 1997
a cura di: Cristina Giudici
Il Seminario Europeo "Un servizio civile per l'Europa" promosso dal Centro Italiano di Formazione Europea in collaborazione con la Commissione Europea, si è svolto a Roma il 26-28 giugno 1997. I lavori sono iniziati la mattina di venerdì 27 giugno presso i locali della facoltà di Economia dell'Università "La Sapienza", per proseguire, nel pomeriggio, presso la sede del CIFE.
Nel corso della mattinata, dopo aver esaminato la nascita e l'evoluzione della tematica nel pensiero federalista, è stata delineata la differenza tra servizio civile, obiezione di coscienza e volontariato europeo, inquadrato il ruolo della donna in questo campo, analizzato il contesto italiano, ed esaminati i progetti di riforma in discussione in Parlamento: uno riguarda l'obiezione di coscienza, l'altro l'esercizio di leva obbligatoria, distinta in servizio civile e militare.
L'incontro è proseguito nel pomeriggio presso la sede centrale del CIFE con l'intervento di Virgilio Dastoli, che ha esposto gli ultimi sviluppi sull'argomento; Giorgio Guglielmetti ha in seguito posto la questione del perché il servizio civile europeo; Stefano Milia ha sottolineato le mancanze riscontrate dai giovani che desiderino svolgere il servizio volontario europeo; Roberto Santaniello ha affrontato il tema della cittadinanza europea.
Nel corso del dibattito sono sorti diversi quesiti, tra cui l'auspicabilità di trattare la questione del Servizio civile a livello locale prima che transnazionale o globale come si sta facendo oggi, cui è stata data risposta affermativa, anche perché tale dimensione è stata sempre presente nell'approccio della Commissione e del Parlamento; bisogna comunque tenere presente anche la dimensione nazionale perché è questa che alla fine è determinante nella sostituzione del Servizio civile al Servizio militare.
E' stata inoltre notata la complessità e la mancanza di chiarezza ed omogeneità nelle varie edizioni linguistiche del Trattato di Amsterdam, anche se esso non è stato ancora approvato in maniera definitiva.
IL SERVIZIO CIVILE NEL PENSIERO DI ALEXANDRE MARC
Cristina Giudici
Le riflessioni di Alexandre Marc si sviluppano in un'epoca storica, gli anni trenta, caratterizzata da profondi sconvolgimenti tanto nelle strutture economiche ed istituzionali che nelle ideologie politiche europee. Da una parte il dopoguerra, sinonimo di speranza, dall'altra una pace che già annunciava la crisi imminente.
È in questo contesto che A. Marc, venticinquenne, dopo aver lasciato la Russia all'età di 14 anni ed aver studiato la filosofia a Parigi, a Iena e a Friburgo in Brisgovia ed il diritto all'Ecole libre de Sciences Politiques a Parigi, inizia nel 1928 ad organizzare degli incontri periodici con altri giovani, sensibili come lui agli sconvolgimenti dell'Europa di quegli anni. Fonda così il Club du Moulin Vert, alle cui discussioni partecipavano, tra gli altri, giovani che Marc aveva conosciuto all'Ecole Libre de Sciences Politiques, tra i quali Jean Jardin e René Dupuis. Fu proprio in occasione di questi dibattiti che Marc si legò in amicizia con un giovane protestante svizzero, Denis de Rougemont, allora segretario alle edizioni Je sers.
Nella ricerca di soluzioni a problemi spirituali, il gruppo si accorse ben presto che le questioni sollevate richiamavano in causa l'intera società in cui viveva. Nel corso degli anni trenta dunque il Club du Moulin Vert si orientò verso due direzioni differenti: da una parte coloro che continuavano le discussioni di ordine spirituale e religioso, dall'altra coloro che si impegnavano sulle questioni temporali.
Nelle pubblicazioni che seguirono furono esplicitati e sviluppati i temi fondamentali del movimento: rifiuto del materialismo produttivista, tanto capitalista che comunista, distinzione tra la Patria e la Nazione, dunque rifiuto del nazionalismo e dell'internazionalismo, accanto all'idea di una rivoluzione spirituale.
La constatazione dell'esistenza di due forme di lavoro, uno "qualificato", creatore, mezzo di espressione e di crescita della persona; ed un lavoro "indifferenziato", fondato sulla ripetizione routinaria di gesti elementari, che fanno perdere al lavoratore la percezione della dimensione totale dell'opera, porta l'Ordre Nouveau a concepire l'idea di un servizio civile che abbia per scopo la ripartizione sull'insieme della collettività dei lavori indifferenziati, il cui peso era stato sopportato fino a quel momento solo da una minoranza:
"Il lavoro indifferenziato, quantitativo, sarà svolto attraverso un servizio civile obbligatorio che, anche sommato o integrato al servizio militare, non supererà i diciotto mesi. Questa mole di lavoro sarà messa a disposizione degli organismi corporativi per adempiere ai bisogni nei quali l'attività propriamente creatrice non interviene"
Negli anni dal 1934 al 1938 l'Ordre Nouveau perde a poco a poco la sua forza ed A. Marc continua ad elaborare la teoria federalista, soffermandosi soprattutto sugli aspetti filosofici ed economici della società, e mantenendo in tema di servizio civile una posizione molto vicina a quella originaria.
Marc parte dalla constatazione di una crisi globale, che a livello economico si traduce nella crisi del rapporto tra l'Uomo e l'ambiente, nello spreco di risorse umane, nelle ineguaglianze sociali, e propone per uscire da tale crisi una rivoluzione, anch'essa globale.
Il punto di partenza è la filosofia personalista già elaborata dall'Ordre Nouveau, che vede la Persona in una tensione feconda tra l'individualismo ed il collettivismo: l'uomo "libero e responsabile" realizza l'equilibrio tra la propria individualità e l'appartenenza alla società in cui vive.
Alla base della crisi Marc pone l'invecchiamento, incontestabile ed irresistibile dell'economia stato-capitalista, la cui perdita di efficacia è aggravata dall'evoluzione delle tecniche di produzione e di distribuzione: se l'avvento della macchina rappresenta il momento della rottura tra l'uomo ed il regno animale, il fenomeno dell'automatizzazione ha un effetto ancora più importante, di sostituzione dell'uomo. Da una parte la macchina automatizzata elimina l'uomo, sopprimendo alcuni posti di lavoro, d'altra parte essa ne crea sicuramente di altri, ma ad una condizione: quella della trasformazione globale non solo dell'economia ma dell'intera società.
Da un punto di vista economico l'instaurazione di un Minimo Sociale Garantito, la pianificazione bizonale, la soppressione del salariato, imposto all'uomo dall'uomo, e la sua sostituzione attraverso un'economia cooperativa e contrattuale, nonché lo sviluppo dell'automazione, sono alla base della rivoluzione auspicata da Marc.
Obiettivo del Servizio Civile è impedire che una parte della società sopporti da sola il peso schiacciante del lavoro indifferenziato: occorre partire dalla soppressione di quei bisogni "non obiettivamente necessari" alla collettività, per arrivare al progressivo svolgimento dei lavori non qualificati attraverso l'automazione, riservando al servizio civile la parte irriducibile di tali lavori.
Questa è la formula proposta da A. Marc, da attuare all'interno di una rivoluzione globale della società, l'attuazione parziale del disegno si concretizzerebbe solo in una modesta riforma: così il MSG si è trasformato nel Salaire Minimum Garanti in Francia, nel Basic Income in Inghilterra o ne dibattito sulla necessità di un Minimo Vitale in Italia, allo stesso modo si è passati dal Servizio Civile Nazionale in sostituzione del servizio militare, alle proposte per un Servizio Civile Europeo ed all'attuazione del Servizio Volontario Europeo.
Dall'analisi empirica Marc arriva, come sempre, all'elaborazione di una teoria ed è attraverso il confronto con la realtà che ne realizza il superamento. Il cammino resta dunque aperto, in campo sociale, economico, politico e culturale, verso la ricerca della dimensione umana.
Parlare della disciplina vigente in Italia sul servizio civile rende necessario richiamare la previsione normativa di cui all'art. 52 Cost.
Esso s'inserisce nell'ambito dei doveri costituzionali, ovvero delle situazioni giuridiche soggettive passive in relazione alle quali il titolare è direttamente vincolato dalla costituzione ad un determinato comportamento, in funzione della tutela di un interesse collettivo.
L'art. 52 sancisce la difesa della Patria come dovere costituzionale del cittadino ed in seguito pone come sua specificazione l'obbligo del servizio militare "nei limiti e nei modi stabiliti dalla legge" e comunque con il rispetto del diritto al lavoro e dei diritti politici.
Questa osservazione apre la strada alla soluzione del ricorrente quesito circa la legittimità costituzionale della cosiddetta obiezione di coscienza, vale a dire del rifiuto di prestare servizio militare da parte di chi è chiamato ad effettuarlo, a causa del proprio credo morale o religioso.
La dottrina ritiene infondata la questione di legittimità perchè mentre i comportamenti ispirati ai convincimenti morali e religiosi risultano costituzionalmente tutelati ex artt. 2; 19; 21 Cost., l'obbligatorietà del servizio militare costituisce il modo ordinario ma non esclusivo attraverso il quale si adempie al dovere costituzionale di difesa della Patria da cui abbiamo preso le mosse.
Da ciò consegue che il legislatore ordinario può realizzare in tale ambito il contemperamento di interessi sociali diversi ma tutti costituzionalmente protetti, consentendo al cittadino non di sottrarsi al già richiamato dovere costituzionale di difesa ma di attuarlo in forme sostitutive del servizio militare od anche limitative dello stesso, vedasi ad esempio l'inserimento in reparti non combattenti.
Del resto, a favore di questa tesi interpretativa, dati normativi sono forniti dallo stesso art.52: è evidente infatti che consentire l'obiezione di coscienza diventa uno dei limiti e modalità della prestazione del servizio militare la cui disciplina è poi rimessa alla legge ordinaria; ed analogamente stabilire che l'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico implica il rispetto della personalità del singolo cittadino anche se obiettore di coscienza.
Il legislatore può dunque esentare dalla prestazione del servizio militare, come è avvenuto con la legge 19/2/1970, n. 75 che detta norme sul rinvio e sulla dispensa dal servizio militare per i cittadini che prestino servizio volontario civile nei paesi in via di sviluppo, o con la legge 24/12/1974 n. 693, che consente agli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all'uso personale delle arrni per imprescindibili motivi di coscienza (valutati comunque da una commissione ministeriale) di prestare servizio non armato o sostitutivo civile.
L'impostazione di quest'ultima norma venne profondamente modificata da una proposta di legge approvata dalle Camere durante la X legislatura ma rinviata alle stesse dal Presidente della Repubblica, e non ancora definitivamente approvata a causa di alcune obiezioni di fondo. Il disegno di legge riconosce l'obiezione di coscienza come diritto soggettivo in quanto espressione del diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione.
Sono attualmente in discussione in Parlamento due disegni di legge aventi ad oggetto la riforma del servizio civile.
Il primo riguarda più propriamente "nuove norme in materia di obiezione di coscienza" ed è in fase più avanzata di discussione, avendo già ottenuto l'approvazione da parte del Senato il 29 gennaio di quest'anno ed è attualmente all'esame della Camera, dopo che la Commissione Difesa ha dato mandato al relatore di riferire in aula sullo stesso testo senza apportarvi modifiche.
Il secondo è un disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 22 gennaio scorso e concerne più in generale una riforma completa dell'esercizio della leva obbligatoria, articolata in servizio militare e servizio civile.
Da un primo esame dei due testi si evidenzia che, a causa dell'identità, seppure parziale, della materia, esiste una certa sovrapposizione tra le due normative.
Sarebbe sembrato più logico regolamentare tutta la materia in maniera organica attraverso un unico testo legislativo, ma la ragione di tale frazionamento non è da ricercarsi in una differente logica quanto piuttosto nella diversa storia dei due testi.
Il primo in ordine cronologico, quello sull'obiezione di coscienza, è nato infatti già diverse legislature fa ed ha alle spalle un difficile cammino, nel corso del quale è giunto persino alla firma del Presidente della Repubblica, venendo poi rinviato alle Camere e finendo insieme alla legislatura.
Si tratta quindi di un testo che, seppure ripresentato e rimodellato, è già passato attraverso i vari filtri politico-istituzionali; ciò non toglie tra l'altro che continui ancora a suscitare polemiche (vedi i 2.400 emendamenti recentemente presentati).
Il secondo invece è nato con l'attuale legislatura ed ha appena iniziato il suo iter parlamentare. Legarlo al primo avrebbe evidentemente finito con il rallentare o arrestare quel già complesso cammino.
La riforma delle norme in materia di obiezione di coscienza si fonda sul riconosciuto diritto al servizio civile quale sostituto del servizio militare, un servizio diverso e autonomo da questo.
Tale diritto viene esplicitamente fatto derivare dal diritto alle libertà di pensiero, coscienza e religione riconosciute dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e dalla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici (è lodevole il richiamo ai principi generali e internazionali ma sarebbe stato più interessante legare il diritto all'obiezione anche ai principi Costituzionali, anziché richiamare la Costituzione solo quanto al dovere di difesa della Patria).
Il diritto all'obiezione non è esercitabile da chi abbia il porto d'armi, o presentato domanda di arruolamento, conseguito condanne penali legate all'uso delle armi o per delitti non colposi di violenza alle persone o per appartenenza a gruppi eversivi o di criminalità organizzata.
Tra i punti più rilevanti del ddl va segnalato che l'accoglimento delle domande di obiezione resta di competenza del Ministro della Difesa che, sulla base dell'accertamento da parte degli uffici di leva circa l'inesistenza delle cause ostative, deve decidere entro sei mesi, pena l'accoglimento automatico della domanda.
In caso di reiezione della domanda competente è l'autorità giudiziaria ordinaria e cioè il Pretore, che ha anche poteri cautelari.
La gestione degli obiettori passa invece ad un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Chi presta servizio civile ha gli stessi diritti, anche ai fini amministrativi e previdenziali, di chi presta servizio militare, venendo poi inserito nella lista del servizio civile nazionale, soggetto a richiamo sino all'età di 45 anni in caso di pubblica calamità.
Le organizzazioni presso le quali si può prestare servizio civile sono quelle, incluse in appositi albi, che svolgono attività di assistenza, prevenzione, cura e riabilitazione, reinserimento sociale, educazione, protezione civile, cooperazione allo sviluppo, difesa ecologica, salvaguardia del patrimonio artistico e ambientale, tutela e incremento del patrimonio forestale, con esclusione di impieghi burocratico-amministrativi.
L'obiettore deve essere assegnato, fatte salve le esigenze del servizio e compatibilmente con le possibilità d'impiego, nel settore da lui richiesto e nella regione indicata; il servizio civile ha durata pari a quello militare e comprende un periodo di formazione.
Di particolare interesse la norma che permette di svolgere servizio, su richiesta, in altro Paese dell'Unione Europea (secondo le norme ivi vigenti) oppure per la cooperazione allo sviluppo ed in missioni umanitarie all'estero sia gestite dall'ente di assegnazione che attraverso il trasferimento a organizzazioni che gestiscono la missione.
In tal caso può essere anche chiesto il prolungamento del servizio per un periodo massimo di un anno.
Molto più complesso appare il secondo disegno di legge, quello di riforma dell'intero sistema della leva obbligatoria.
Se tale disegno venisse approvato per tempo, già dal prossimo anno il servizio militare, oltre quello civile, cambierebbe completamente aspetto, aprendosi alle donne e ai cittadini stranieri residenti in Italia.
Gli aspetti principali della riforma riguardano l'articolazione della leva obbligatoria in servizio militare e servizio civile nazionale, "che mira a soddisfare le esigenze di difesa e sicurezza della Nazione con mezzi ed attività non militari", finalizzato a:
Naturalmente ogni considerazione in merito alla portata della riforma è subordinata all'effettiva approvazione della stessa da parte del Parlamento e dalla misura in cui questa avvenga. Non è da escludersi infatti, specialmente per quanto riguarda la riforma del sistema della leva obbligatoria, che il testo attualmente in esame venga emendato in più punti anche di rilevante importanza.
All'attuale stato dei fatti, c'è innanzitutto da augurarsi che la riforma vada in porto in tempi rapidi, dopo tutto il tempo già impiegato per arrivare al grado attuale.
Se poi la riforma avesse il contenuto annunciato, risolti anche i problemi di coordinazione dei due testi (che non sono in contraddizione tra loro), sarebbe senz'altro un bel passo in avanti verso una modernizzazione dei contenuti del servizio obbligatorio di leva, nel rispetto dei diritti del cittadino e dei doveri costituzionali.
Resterebbero ancora due profili da approfondire. Il primo riguarda la posizione di questa normativa rispetto ad una eventuale riforma costituzionale, che potrebbe finire anche col cambiare il quadro normativo di riferimento di tutta la materia, seppure sempre nel senso delineato dal progetto di riforma.
Il secondo profilo è quello di una maggiore integrazione dello svolgimento del servizio civile a livello comunitario e internazionale, prevedendo sempre più la possibilità di trasformare l'attuale sistema volto a soddisfare le esigenze di difesa e sicurezza della Nazione con mezzi ed attività non militari in uno strumento di cooperazione, nazionale ed internazionale, destinato a scopi socialmente utili.
Virgilio Dastoli
La Comunità, su iniziativa del Parlamento Europeo, ha avviato un progetto pilota relativo al servizio civile europeo: tale progetto è andato avanti per due anni ed ora la Commissione ha presentato un altro progetto annuale che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio prossimo per proseguire fino al 2002.
Ci si è resi conto che a questo programma bisognava dare autonomia ed una base legislativa e finanziaria ottima.
In questo contesto si è inserito il Trattato di Amsterdam che, con una dichiarazione, fa riferimento alla necessità di sviluppare un servizio volontario europeo di giovani.
Il progetto annuale è stato approvato dal Parlamento europeo con un budget di 60 - 80 milioni di ECU ed ha discusso su diverse questioni. La prima è se il servizio si debba limitare ai Paesi della Comunità o estendersi ai Paesi terzi, con propensione per la prima opzione. La seconda riguarda la forbice di età dei giovani coinvolti, che per ora va dai 18 ai 25 anni, ma che potrebbe essere portata dai 16 ai 29 anni. La terza questione riguarda il rapporto tra questo programma e gli altri programmi europei, quale quello della gioventù per l'Europa: quest'ultimo viene a scadere il 31 dicembre 1999 ed il dubbio che si pone è se si debbano comunque mantenere in vita entrambi i programmi o concentrarsi su quello del servizio volontario europeo. Il Parlamento propende per la prima soluzione.
Tale programma ha suscitato molto interesse in quanto non coinvolge solo i giovani ma anche le organizzazioni, che devono cercare armonizzare la legislazione dei vari Paesi.
Scopo di questo progetto è l'acquisizione da parte dei giovani di professionalità vera.
A fine periodo verrà consegnato un attestato valido giuridicamente ed è addirittura idea del Parlamento quella di elaborare uno statuto del giovane volontario che permetta di superare molti ostacoli (tra cui quello fiscale).
Giorgio Guglielmetti
Si sta oggi assistendo alla trasformazione del servizio di leva in tutto il mondo, chiaramente in direzioni differenti. La difesa rimane in mano ad un gruppo ristretto di persone (ad un esercito di professione) mentre agli altri si dà la possibilità di scegliere un'alternativa, rappresentata dal servizio civile: ciò succede negli Stati Uniti come in Russia e in Francia ed anche l'Italia non si sottrarrà a questo fenomeno, sia pur con caratteristiche diverse.
Per ora anche il servizio civile è obbligatorio. In seguito potrebbe diventare totalmente volontario e costituirebbe un titolo morale in più rispetto a chi non lo svolgerà; ma in questo modo rimarrebbe un fenomeno "elitario" per un gruppo ristretto di persone che abbiano una forte motivazione; in alternativa lo Stato dovrebbe convincere il cittadino che la cittadinanza comporta diritti ed obblighi, tra cui quella del servizio di solidarietà. Ma gli Stati dovrebbero essere credibili, cosa che non sempre accade perché sono in fase di disgregazione o perché non dimostrano di avere grandi obiettivi morali.
Superare i confini nazionali, per assumere una dimensione sovranazionale, deve essere lo scopo di tutti i Paesi, al fine di acquisire credibilità e far riflettere tutti i cittadini sulla necessità di vivere in uno Stato nazionale piuttosto che in tanti piccoli Stati tribali e sulla necessità, quindi, di collaborare con la prestazione di un servizio civile.
I cittadini devono essere consapevoli che la premessa alla soluzione di tanti problemi è rappresentata dalla nascita dello Stato europeo: solo in seguito a ciò si potrà svolgere il servizio volontario europeo in alternativa a quello della propria nazione ed esso non rappresenterà più solo un palliativo.
Stefano Milia
Il giovane cui venga prospettata la possibilità di fare il servizio civile può conoscere nuove realtà ed acquisire la consapevolezza di appartenere ad una realtà territoriale transnazionale, oltre a fare un'esperienza lavorativa utile per il futuro.
Nonostante questi alti propositi, il Servizio volontario europeo presenta, però, ancora delle lacune: la convalida non è ancora sicura in tutti i Paesi; il servizio civile europeo dovrebbe sostituire il servizio civile nazionale ed il servizio militare stesso, in maniera da non dover ripetere entrambe le esperienze; non viene ancora assicurata una formazione standard prima della partenza (quale quella linguistica o lavorativa).
Per le associazioni il giovane che va a lavorare può aiutare a confrontare le metodologie lavorative di diversi Paesi, a patto, però, che si rimuovano gli ostacoli presenti.
Si dovrebbe favorire la partnership fra associazioni di Paesi diversi, affinché possa continuare la collaborazione anche dopo il ritorno del volontario nella propria nazione, come si dovrebbero coinvolgere gli enti locali in tutti i progetti.
Nel progetto pilota si dovrebbero migliorare diverse cose: si dovrebbe aumentare il numero dei partecipanti ed usare meglio il data base destinato ai progetti di invio e di accoglienza.
Roberto Santaniello
Il servizio civile europeo ha presentato le stesse difficoltà di altri progetti europei quali l'ERASMUS, il Leonardo ed il COMETT, a livello di riconoscimento. Esso sicuramente non sostituisce il servizio militare né un'occupazione remunerata: è uno strumento simbolico. D'altra parte la cittadinanza europea è complementare e non sostitutiva di quella nazionale, proprio per bloccare la dinamicità del concetto di cittadinanza europea. I diritti dei cittadini degli Stati membri sono tutelati, sia quelli degli uomini che delle donne e la parità è garantita, ma la strumentazione è ancora scarsa e le garanzie giurisdizionali ancora limitate.
Gli Stati nazionali ancora esistono e l'unico elemento che può smuovere il processo di integrazione è il coinvolgimento della società civile.